La Storia
Gran festa da d'Istà

43 Edizione 2024

dal 6 all'8 Settembre 2024

Gran festa da d'Istà La Storia

Il primo tendone allestito misurava quaranta metri per venti, ma proprio la ricerca di un tendone era il primo problema da risolvere. Lo trovarono a prestito da Heinz Leiner di Varna, il solo che ne avesse a disposizione a quei tempi, e che lo diede in affitto a Canazei per alcuni anni di seguito.
La Festa da d’Istà e relativo tendone appena nati, riscossero subito grande successo, soprattutto per la musica che vi si suonava. Si può affermare che i Tiroler Nachtsschwärmer, con le loro trombe, trombette e tromboni hanno fatto la storia della festa poiché vi sono stati ospitati per sei anni.
Gli amanti del tendone dei nostri giorni hanno l’età che avevano gli organizzatori venticinque anni fa. La musica che va ora per la maggiore è una miscellanea di revival in chiave moderna che incontra il gusto delle giovani generazioni. L’età media di chi frequenta il tendone si è abbassata nel corso degli anni, perché ora anche i più giovani, quelli non ancora maggiorenni, hanno possibilità economiche che i loro coetanei, cinque lustri prima, non si sognavano neppure.
La musica che ha fatto la fortuna del tendone, di selezionata qualità, è oggi un punto di riferimento imprescindibile per chi è alla ricerca delle melodie giuste per organizzare feste di successo.
Che sia la musica il cuore del tendone, gli organizzatori della Festa da d’Istà lo avevano intuito già all’inizio e si sono sempre dati da fare per invitare a Canazei i migliori gruppi folk austriaci. Chi è venuto a suonare a Canazei ha fatto il giro di tutte le valli limitrofe. Solo raramente la festa non è riuscita. Quando per esempio è stato chiamato Franz Michelic, nel 1985, è stato registrato un piccolo flop, come dice Tarcisio Davarda. Era senz’altro un suonatore d’eccellenza, ma le canzoni slovene non si adattano al particolare spirito chiassoso e movimentato del tendone. L’Oberkrainer è una musica d’ascolto, comunque diversa da quella a cui si era abituati in certi luoghi.

Gran festa da d'Istà
Gran festa da d'Istà

La diciassettesima edizione, quella del 1996 è stata l’unica a doversi privare della sfilata dei gruppi folcloristici lungo le strade del paese. Tutte le altre volte, anche se il tempo al mattino non prometteva nulla di buono, nel pomeriggio volgeva sempre al bello. Qualcuno osa dire che quando i fassani sfoggiano i loro bei costumi, gli angeli sopra di loro ridono. Ma per tornare al fatidico anno diciassette, pioveva così forte che tutti i gruppi che dovevano sfilare sono stati stipati sotto il tendone, creando una confusione e una calca totali. Bisogna cercare di immaginarsi le circa 600, 700 persone che dovevano sfilare, tutte a ripararsi sotto l’unico tetto condiviso dal pubblico presente. C’era già la struttura più ampia, ottantacinque metri per venti di larghezza che poteva contenere 800 persone a sedere. Ma quella volta dovevano essere circa tremila. I gruppi locali sono stati pregati di tornare a casa perché non c’era davvero posto per loro, mentre quelli che venivano da lontano hanno trovato un riparo precario. Anche il raduno dei gruppi previsto presso l’hotel Faloria era stato annullato.
Organizzare una festa di tali dimensioni non è semplice. Finita una edizione, in autunno già si pensa a sottoscrivere i contratti con i gruppi musicali per l’anno seguente. I complessi più famosi sono molto richiesti e cominciano presto a fissare i loro appuntamenti. Se si arriva in ritardo, si rischia di non poterseli accaparrare. Si può dedurre quindi che ci vuole un anno di tempo per organizzare la Festa da d’Istà. Anche tutto l’apparato burocratico, nascosto dietro le quinte che nessuno vede, è una parte importante da sbrigare. Si comincia dalla polizia amministrativa con le richieste di permesso per ballare, per passare alle autorizzazioni per gli allacciamenti idrici e elettrici, per finire con tutta una serie di licenze da richiedere e verificare.

Tra gennaio e febbraio si contattano i gruppi folcloristici, anche se l’invito si rinnova di anno in anno subito dopo la festa con un “Ci vediamo l’anno prossimo.” Una volta è stato invitato un gruppo di Cles, l’anno in cui più forte era la rivendicazione di un’identità ladina da parte della popolazione nonesa. Un’altra novità è stata un gruppo dell’Engadina, un’altra ancora uno di Udine. Sono annoverate come eccezioni alla regola che voleva presenti alla sfilata unicamente gruppi ladini delle Dolomiti. Tra questi però si distingue il sempre presente gruppo di “Mezzano” di Primiero. Nonostante non si possano definire ladini dolomitici, questo è un gruppo storico della sfilata estiva. Era un vero piacere vedere sfilare il padre dell’attuale presidente, una persona di grande spirito. Amabile ed affabile, interessante nel suo costume tradizionale, è sempre stato invitato, e quando lui è scomparso, il gruppo di Primiero ha mantenuto il suo posto nel corteo ladino. Doveva comunque esserci, nei gruppi folcloristici, un legame linguistico o storico con la realtà ladina. Perciò è diventata la festa del folclore ladino per antonomasia. I ladini delle valli di Gardena e Badia hanno sempre affermato di prendere parte volentieri alla sfilata fassana nei loro costumi tipici, perché in Val di Fassa più che altrove riescono ad esprimere al meglio la loro identità attraverso il costume e sentono che questa viene recepita e apprezzata.
Anche il gruppo cortinese è stato invitato più volte. Ma in occasione di una Gran Festa, doveva essere il 1997, quando per gli ampezzani era giunto il momento di salire sul palco, il loro presidente ha esordito con un discorso sulla guerra tra le valli di Cortina d’Ampezzo, la Val del Biois e Livinallongo. Non era certo l’argomento più adatto per l’occasione, o l’occasione per trattare un sì delicato argomento, se così si vuole. Fatto sta che dopo quell’infelice intervento il gruppo di Cortina non si è più presentato. C’è invece il gruppo folcloristico di Rocca Pietore, nonostante le beghe scoppiate tra questo e il comune di Canazei per l’assegnazione dei confini della Marmolada.

Gran festa da d'Istà
Gran festa da d'Istà

Ogni anno ci sono anche i rappresentanti della Val Biois, di Falcade e Caviola. Forse non tutti sanno che vecchie carte e libri documentano le antiche radici ladine perdute di questo popolo che la storia ha portato a vivere vicende politiche e amministrative lontane da quelle ladine. Fare la Festa da d’Istà significa anche sperimentare. Come quella volta che per proporre qualcosa di nuovo, a metà serata della domenica si è spenta la musica per far posto ad un gruppo folcloristico. Si trattava di uno spettacolo del gruppo folk di Alba e di Campitello. Anche se l’idea era positiva, l’esperimento non è riuscito perché ha spezzato il ritmo della festa e il complesso ha dovuto faticare non poco per ricostruire l’atmosfera festosa. Nel 1999 girava a Pozza di Fassa una banda del carnevale di Zurigo che a vederla sembrava composta da quardie svizzere. Erano simpatici e divertenti e sono stati invitati al tendone per improvvisare un piccolo spettacolo. Erano così divertenti che n’è valsa la pena.
Anche con i complessi stessi sono stati fatti esperimenti che, tutto sommato, sono sempre riusciti. “Ma anni fa era più facile trovare la vera musica folk. Ora i gruppi preferiscono eseguire pezzi moderni, revival, un tipo di folk elaborato in maniera nuova. Che proponeva anni fa la musica folk più pura, ha fatto fortuna e ora vive una fase evolutiva, fino a quando si stancheranno di battere le strade del rock e torneranno probabilmente alla musica degli esordi”.
Un piccolo errore è stato commesso il venerdì del ’93 col Triglav Quintett, cinque sloveni forse troppo giovani. Nel 2001 invece si sono presentati gli Alpenrock che suonavano soltanto in playback e in chiave troppo moderna. L’anno dopo l’agenzia ci aveva inviato i Sonnwend Showband come uno dei migliori complessi, ma non si è rivelato all’altezza. Il pubblico però li ha apprezzati ugualmente perché il batterista era l’ex dei mitici Schürzenjäger.

Queste notizie sono state ricavate dalle note che Tarcisio Davarda, responsabile della parte musicale, ha sempre conservato nel suo computer. A fianco dei complessi, divisi per annata, ci aggiunge semplicemente un No oppure un OK ed è facile sapere cosa si può ripetere e cosa invece va evitato nel futuro. La festa ha sollevato anche qualche polemica. All’inizio la gente del paese si lamentava del rumore, del traffico che bloccava le strade, della musica ad alto volume fino a notte fonda e di chi girovagava per le vie del paese dopo aver alzato troppo il gomito. Ma il tempo aggiusta tutto e anche gli irriducibili si sono ammorbiditi. Anche se non ne condividono la gioia e l’entusiamo, chiudono un occhio per quattro sere l’anno.
La data della Gran Festa da d’Istà non è stata scelta a caso. Cade l’ultima settimana d’agosto o la prima di settembre perché è stata pensata per i fassani che alla fine della stagione lavorativa hanno più tempo per divertirsi e soldi da spendere in cibo, buona birra e golose “fortaes”. Anche i volontari che animano il tendone hanno più tempo a disposizione a fine stagione che non, per esempio, a ferragosto e tanto meno prima, nel cuore della stagione turistica. Questo momento rappresenta un trait d’union tra la stagione che scema e l’ultimo sforzo di settembre. Sono i fassani che riempiono il tendone, anche se questo attira molti turisti, anzi, c’è chi telefona per sapere esattamente la data della festa per prenotare le ferie di conseguenza. Perché no? Perché non coniugare belle montagne, bei luoghi dove trascorrere giornate indimenticabili e per contorno una grande festa all’insegna della tradizione? Chi può rifiutare l’invito a venirci a trovare l’ultima domenica di agosto o la prima di settembre?

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